Partito Democratico Paderno Dugnano

Riflessioni

L’esperienza dell’elezione del Presidente della Repubblica e le vicende del Partito Democratico

Ezio CasatiVolevo, chiuso il capitolo dell’elezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica, raccontarvi le mie esperienze e le mie sensazioni da neoparlamentare che ha vissuto sulla pelle le giornate dell’elezione del Presidente della Repubblica.

Innanzi tutto vorrei formulare a Giorgio Napolitano, nuovo Presidente, il mio devoto ringraziamento e la mia infinita fiducia e stima.

Questo grande statista ha messo da parte i suoi desideri di porre fine al suo illuminato mandato presidenziale per aiutare nuovamente il nostro paese ed anche la politica ad uscire da uno stallo e da uno spettacolo indecoroso.

Volevo condividere e ripercorrere con voi quelle sei sofferte ed alcune folli votazioni che hanno segnato i giorni dell’elezione del Presidente della Repubblica.

Vi confido che io ho votato convintamente e come deciso dal PD, prima Franco Marini, uomo del popolo e del lavoro, tra i padri fondatori  del PD, poi Romano Prodi, per due volte Primo Ministro del Nostro Paese, già Presidente della Commissione Europea ed ora delegato straordinario dall’ONU per la triste emergenza in Mali e padre fondatore dell’ulivo ed infine Giorgio Napolitano di cui tutti conoscete la statura di Statista e di uomo illuminato.

Tutto potrebbe sembrare normale se dentro questo percorso non si sia visto il disgregarsi di candidature eccellenti ed il dividersi del mio partito, il PD, non per un sano e costruttivo dibattito ma, soprattutto con Prodi, con un atto di vigliaccheria politica ed umana del quale io non ricordo precedenti.

Vi voglio raccontare la vicenda vissuta di persona al teatro Capranica dove alle 8 di mattina eravamo noi tutti convocati, Deputati e Senatori oltre ai grandi elettori del partito democratico e dovevamo essere informati e decidere che fare dopo l’ingiusto affossamento di Franco Marini.

Alla proposta di Bersani di votare Prodi è esploso il teatro in una standing ovation, tutti in piedi ad applaudire per una investitura per acclamazione confortata poi da un voto palese per alzata di mano unanime, nemmeno un contrario o un astenuto.
Una manciata di ore dopo 101 traditori, nel segreto dell’urna hanno affossato l’elezione di Romano Prodi e spezzato il PD.

Infine dopo la depressione di quelle ore e di quella notte la luce per l’elezione di Giorgio Napolitano, elezione che ha si chiuso il percorso istituzionale ma ha lasciato spalancato la frattura ed il problema della tenuta unitaria del Partito Democratico.

Nel mezzo di questo percorso si è inserito il nome di Stefano Rodotà, figura degna, candidato dal M5S con una bizzarra procedura della rete della quale non si conoscono numeri e correttezza del metodo. Rodotà che la scorsa estate in una sua intervista contestava sia la rete che il M5S ,Rodotà che, mi aspettavo, alla candidatura di Prodi avesse fatto un passo indietro.

Rodotà che non ha cercato di interloquire con il PD ma di sottrarne dei pezzi, cioè ha contribuito ad accentuare le nostre già esplicite divisioni ben sapendo che questo non gli avrebbe mai garantito di raggiungere i voti necessari, il miglior risultato ottenuto ha raggiunto i 250 voti, meno della metà di quelli necessari.

Io in questo percorso ho agito e pensato all’obbiettivo finale ma anche alla salvaguardia del mio partito, perché un partito non è un centro ricreativo dove se ti va bene ciò che è deciso ok altrimenti cambi tavolo e gioco e lo fai soprattutto nascondendo la faccia.

Permettetemi una parola su Pierluigi Bersani, certamente ha sbagliato molte cose, dalla campagna elettorale alla comunicazione delle priorità individuate dal PD, dalla discussione interna alla semplificazione eccessiva di alcuni nodi ma certamente non meritava di essere screditato in questo modo.

E adesso che fare, mi pare chiaro in primo luogo un Governo come indicherà il Presidente che abbiamo chiamato ad aiutare per fare questo,  chiamiamolo di scopo, di progetto, di responsabilità nazionale, ma soprattutto un governo che faccia quello che necessita al paese: quindi le riforme , da quella elettorale a quella dei partiti con i loro costi ed i loro finanziamenti, faccia presto azioni per il rilancio del lavoro e della crescita e il PD in questo percorso faccia la sua parte la parte di chi ha chiesto a Napolitano di sacrificarsi per dipanare l’intricata matassa.

Dicevo il PD faccia la sua parte, apra un confronto interno improntato alla franchezza ed alla verità ma faccia innanzitutto il possibile per ricercare i punti di unità e quelli di sensibilità condivise, lavori per non dividersi, per non arroccarsi dietro ad una ipotesi conservativa ma prepari bene il nuovo congresso e lì dentro si confrontino le tesi e chi vincerà guidi con democrazia un partito veramente riformista che possa esaltare i motivi che l’hanno fatto nascere e diventare una speranza per il paese.

L’Italia ha bisogno del Partito Democratico vero non di un partito dove primeggiano la competizione interna ed i disegni personali o correntizi.

Non sono contro la diversità di pensiero, anzi la diversità è una ricchezza ma un partito la deve usare per arricchirsi, per aumentare il patrimonio comune e non certamente per dividersi.

Ezio Casati